MANTENIMENTO

L’avvocato Trezzi segue personalmente gli aspetti relativi al mantenimento dell’ex coniuge e dei figli nelle pratiche di separazione e divorzio e cessazione della convivenza. 

Al cessare di un rapporto matrimoniale o di convivenza si apre la complessa questione relativa ai doveri di mantenimento di una delle parti rispetto all’altra: una questione regolata dalla legge nel merito e nei termini, ma aperta ad interpretazione dal punto di vista degli importi. L’avvocato Trezzi si occupa delle questioni relative al mantenimento nelle province di Monza e Brianza, Como, e Lecco. 

 

 Che cos’è il mantenimento 

Nel diritto di famiglia, il concetto di “mantenimento” comprende il soddisfacimento di tutti i bisogni relativi alla famiglia; sotto il piano economico, questo comprende ovviamente il vitto, il vestiario, e tutte le spese necessarie alla vita quotidiana.  
Nel momento in cui un rapporto coniugale o di convivenza more uxorio si conclude, quella del mantenimento diventa una questione da gestire; i diritti e i doveri a tal proposito sono infatti stabiliti dalla legge, ma l’entità del mantenimento stesso è sottoposta a valutazioni e può utilmente essere determinata dalle due parti, con l’aiuto di avvocati specializzati nel diritto di famiglia. 

 

Come funziona la determinazione dei doveri di mantenimento 

La questione relativa al mantenimento a seguito dell’interruzione di un rapporto di coppia differisce a seconda che ci troviamo di fronte alla cessazione di una convivenza more uxorio, ad una separazione fra coniugi, o ad un divorzio. Non fa invece alcuna differenza quale tipo di rapporto sussistesse fra i genitori per quanto riguarda il mantenimento dei figli minorenni, i cui diritti sono identici a prescindere. 

 

Il mantenimento fra ex-conviventi 

Di per sé, un rapporto di convivenza di fatto non dà alcun diritto automatico a nessuna delle due parti di richiedere all’altra un assegno di mantenimento alla sua cessazione. Allo stesso modo, non è possibile per una delle due parti richiedere all’altra il rimborso delle spese ordinarie, e in generale la reciproca partecipazione alle spese e ai doveri tipici della vita in comune è considerata conseguenza naturale del rapporto di coppia stesso, e non dà quindi diritto a nessun tipo di remunerazione al suo cessare. Ai sensi dell’art. 156 c.c., che regola la questione del mantenimento nelle coppie non sposate, si distingue fra due casi: 

  • Nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di convivenza, ci si atterrà alle disposizioni in esso contenute, che possono eventualmente prevedere anche un assegno di mantenimento per la parte più debole; 
  • in assenza di tale contratto, non vi sarà il dovere di versare alcun assegno di mantenimento. Va però specificato che, in caso di particolare debolezza o vulnerabilità economica di una delle due parti, questa potrà richiedere al giudice di disporre il versamento di un assegno per gli alimenti, che avrà entità e durata nettamente minore e servirà alla sola copertura – in base al dovere di assistenza – delle esigenze primarie della parte debole, che a seguito della rottura del rapporto si dovesse trovare nell’impossibilità di provvedervi.  

 

Il mantenimento fra coniugi separati 

È importante innanzitutto ricordare che due persone separate non cessano di essere coniugi. La separazione le solleva da diversi dei doveri relativi a tale condizione, allentandoli, ma non li sottrae – nel caso specifico –a quello di assistenza: per questo il coniuge economicamente più debole potrà chiedere – all’interno degli accordi stipulati per una separazione consensuale, o con istanza al giudice per una separazione giudiziale – l’erogazione di un assegno di mantenimento periodico. Perché questo sia riconosciuto, occorre che si verifichino tre presupposti: 

  • Il coniuge beneficiario non può essere quello a cui è eventualmente stata addebitata la separazione; 
  • Il coniuge beneficiario non deve disporre di adeguati redditi propri; da questo esula l’accertamento dello stato di bisogno, da cui conseguirebbe l’erogazione dell’assegno alimentare; 
  • Il coniuge onerato deve essere in grado economicamente di erogare l’assegno stesso. 

È opportuno anche ricordare come l’assegno di mantenimento abbia appunto funzione assistenziale (ossia di sostegno economico) e perequativa (ossia di riconoscimento del ruolo che il coniuge economicamente svantaggiato ha avuto nel formare il patrimonio familiare). Non ha invece alcuna funzione compensativa (ossia non deve ricompensare il coniuge beneficiario di eventuali sacrifici fatti durante il matrimonio) né risarcitoria (ossia non ha lo scopo di risarcire il beneficiario di eventuali conseguenze negative della separazione). Sempre a tal proposito conviene ricordare che, dopo le recenti valutazioni della Cassazione, “adeguatezza” dei redditi non significa che lo scopo dell’assegno di mantenimento sia quello di garantire al coniuge beneficiario lo stesso tenore di vita di cui godeva prima della separazione, bensì nell’assicurare la possibilità di avere un reddito adeguato al contributo fornito dallo stesso alla realizzazione della vita familiare. L’evoluzione dello stato patrimoniale e familiare dei due coniugi può portare, nel tempo, a modifiche dell’entità dell’assegno stesso.  

 

Il mantenimento dopo il divorzio 

Due concetti vanno chiariti, in questo caso. Il primo è che, a differenza della separazione, il divorzio pone fine al rapporto matrimoniale, e quindi ai doveri che ne conseguono; il secondo è che, sebbene il termine comunemente utilizzato sia ancora quello di mantenimento, propriamente si deve parlare di assegno divorzile, che ha scopi e natura differenti come sancito nell’art. 5, comma 6 della legge 898/1970.  

In base a tale legge, il Tribunale può, contestualmente alla sentenza di divorzio, stabilire che una delle due parti sia tenuta ad erogare un assegno – periodico o una tantum – all’altra, qualora quest’ultima non disponga di mezzi adeguati o (per ragioni oggettive) non sia in grado di procurarsele. Tale disposizione cessa in ogni caso i suoi effetti in caso di nuove nozze del destinatario di tale assegno. 

La giurisprudenza in questo caso ha mostrato un fortissimo mutamento dei criteri da utilizzare nel calcolo dell’assegno divorzile. Prima del 2018, infatti, il criterio applicato era quello del “tenore di vita”, che si riteneva dovere continuare a garantire agli stessi livelli di quelli goduti nel matrimonio; a seguito delle controversie relative alla Sentenza Grilli, la Cassazione ha stabilito con la sentenza 18287/2018 che nella determinazione dell’importo dell’assegno divorzile si tenga conto delle reciproche condizioni economiche delle parti, dell’oggettiva impossibilità da parte del richiedente di procurarsi mezzi adeguati, e delle ragioni per cui sussista una significativa sperequazione delle condizioni economiche dei due coniugi, oltre che al contributo effettivo da parte del richiedente alla vita e al patrimonio familiare durante il matrimonio e al nesso di causa fra le scelte operate dai coniugi durante il matrimonio e la situazione del richiedente dopo il divorzio. È chiaro quindi che sarà molto diversa la situazione di chi richieda un assegno divorzile dopo una lunga vita matrimoniale dedicata alla gestione della casa comune e dei figli, così da permettere al coniuge una realizzazione lavorativa piena, rispetto a quella di chi lo richieda dopo un matrimonio di pochi anni di durata, senza avere dato particolari apporti alla vita o al patrimonio familiare. 

Il mantenimento dei figli minorenni 

Nessuna differenza fa, come si è detto, lo stato civile dei genitori riguardo al loro dovere di mantenimento nei confronti dei figli minorenni (o maggiorenni ma inabili, o ancora maggiorenni ma attualmente non ancora autosufficienti sul piano economico). Entrambi i genitori sono infatti tenuti a parteciparvi, in misura eventualmente proporzionale alle specifiche condizioni economiche, sia per quanto riguarda le spese ordinarie che quelle straordinarie; la tutela dell’interesse dei minori è tanto cruciale che, a differenza di quanto accade per l’assegno di mantenimento o divorzile, il Tribunale dispone l’entità e l’erogazione del mantenimento per i figli minori d’ufficio, a prescindere dalla richiesta di una delle due parti. 

L’importanza dell’avvocato nella questione del mantenimento  

La determinazione dell’entità e del diritto stesso al mantenimento di uno dei due coniugi è spesso uno dei più cruciali punti del contendere nelle separazioni e nei divorzi. L’assistenza di un avvocato specializzato nel diritto di famiglia si dimostra di valore incalcolabile nell’assicurare da una parte che il coniuge che ne ha diritto riceva quanto gli spetta, e dall’altra che le richieste sollevate nei confronti del coniuge onerato siano in linea con i suoi reali doveri e responsabilità, e non cerchino di usurpare funzioni compensative o risarcitorie non di propria competenza. 

Le domande più frequenti sul mantenimento 

A quanto ammonta il mantenimento dei figli? 

Per calcolare correttamente l’importo dell’assegno di mantenimento dei figli è necessario fare un’analisi dettagliata di alcuni parametri quali: 

Il numero dei figli della coppia 

I tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore 

L’assegnazione della casa  

le attuali esigenze del figlio 

la situazione reddituale di entrambi i genitori 

Come funziona il mantenimento dei figli maggiorenni? 

Le legge non pone alcun limite d’età per il mantenimento dei figli. 

Contrariamente a quanto alcuni potrebbero pensare, l’obbligo di mantenimento non cessa automaticamente al raggiungimento della maggiore età, né vi è un confine età definito, come i 26 anni, oltre il quale il figlio non ha più diritto a ricevere supporto: il figlio perde il diritto al mantenimento nel momento in cui raggiunge l’indipendenza economica. 

È, inoltre, possibile richiedere che il mantenimento sia versato direttamente a favore del figlio maggiorenne. 

 

Quali spese sono comprese nell’assegno di mantenimento? 

I Tribunali italiani hanno redatto dei protocolli sulla distinzione di spese ordinarie (quindi ricomprese nell’assegno di mantenimento) e spese straordinarie (da suddividere tra i genitori). 

A questo link è possibile visionare il protocollo del Tribunale di Monza  in merito. 

 

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Lo studio opera prevalentemente presso gli uffici giudiziari del distretto di Monza, Milano, Como e Lecco ma garantisce, la propria assistenza sull’intero territorio nazionale avvalendosi della collaborazione professionale di altri Studi di cui negli anni ne ha testato la fiducia.