SEPARAZIONE CONSENSUALE E GIUDIZIALE

L’avvocato Trezzi segue personalmente le pratiche relative alla separazione consensuale o giudiziale delle coppie sposate, garantendo assistenza legale specializzata.

La separazione di una coppia di coniugi è un evento complesso, nel quale alla situazione emotiva si affiancano precise istanze legali ed economiche; l’assistenza di uno studio legale garantisce che le pratiche necessarie si svolgano correttamente e tutelando i soggetti coinvolti. L’avvocato Trezzi segue e gestisce le pratiche di separazione sia consensuale che giudiziale nelle province di Monza e Brianza, Como, e Lecco. 

Che cos’è e come funziona la separazione  

La separazione è l’atto legale con cui due coniugi sospendono gli effetti e i doveri relativi al proprio matrimonio; può sfociare in un provvedimento di divorzio, oppure risolversi con la riconciliazione fra i due. A seguito della separazione, i coniugi non sono più vincolati dall’obbligo di convivenza e di fedeltà e viene sciolta la comunione legale dei beni: non perdono, tuttavia, lo stato di coniuge, né i diritti successori, dato che il matrimonio continua a sussistere. 

Il nostro ordinamento prevede due diversi tipi di separazione legale dei coniugi, ossia la separazione consensuale e quella giudiziale. Nella prima, i coniugi sono concordi nella decisione di separarsi e si accordano in merito alle condizioni sulle quali sarà regolata la separazione, mentre nel secondo caso, non riuscendo a pervenire ad un accordo, devono sottoporsi all’intervento decisivo di un giudice.  

 

Nella separazione consensuale, le due parti trovano in modo stragiudiziale, con il sostegno dei propri legali, un accordo sui diritti relativi al patrimonio, sull’entità degli assegni di mantenimento, e sulle modalità di affidamento dei figli. All’interno di tale accordo è possibile inserire ogni tipo di pattuizione, anche di natura patrimoniale e/o risarcitoria, che esula lo scioglimento del vincolo matrimoniale; è, infatti, possibile regolamentare questioni accessorie – che il tribunale giudizialmente non potrebbe risolvere – come per esempio prevedere trasferimenti immobiliari, regolamentare l’uso della casa delle vacanze ecc. 

 Una volta raggiunto tale accordo, questo viene firmato, depositato e successivamente omologato, in un’apposita udienza, dal Tribunale competente che ne verifica l’aderenza alle norme, che non violi i diritti indisponibili e non sia contrario a norme imperative e di ordine pubblico; la pratica si svolge quindi rapidamente, e con un minimo livello di complicazioni, arrivando solitamente a risolversi in 3-4 mesi. In questo caso, le pratiche di divorzio possono essere avviate a partire da 6 mesi dopo la separazione stessa. 

 

Nella separazione giudiziale, invece, siamo di fronte ad un vero e proprio processo, che si conclude con il pronunciamento di una sentenza di separazione da parte del giudice. Con la richiesta di separazione giudiziale è possibile richiedere “l’addebito” della separazione all’altro, sostenendo che essa sia dovuta in via esclusiva alla violazione da parte dall’altro coniuge dei doveri derivanti dal matrimonio (e quindi, ad esempio, per tradimento, oppure per mancanza di coabitazione, di collaborazione, o di assistenza sia morale che materiale). 

 
Il procedimento segue in questo caso le tempistiche del tribunale: la prima udienza è fissata entro 90 giorni, e l’intera causa civile può durare anche fino a due anni. Le pratiche di divorzio, inoltre, possono essere avviate soltanto a partire da 12 mesi dopo la prima udienza di comparizione. 

 

L’importanza dell’avvocato nelle pratiche di separazione  

A prescindere dalle circostanze in base alle quali i due coniugi si trovano a richiedere una separazione consensuale oppure ad affrontare il procedimento di una separazione giudiziale, l’assistenza professionale di un avvocato specializzato in cause di separazione si dimostra preziosa per assicurare il corretto andamento delle pratiche relative.  

Affrontare una causa civile richiede, naturalmente, la rappresentanza legale da parte di un avvocato della persona interessata.  

Ma a differenza di quanto si potrebbe pensare, anche nel caso della separazione consensuale la presenza di un legale – sia che ciascuno dei coniugi si appoggi al proprio, sia che la coppia ne scelga uno comune – è fondamentale, in quanto da un lato una figura terza può essere di grande aiuto nel prendere decisioni razionali in un momento che anche nel migliore dei casi è emotivamente faticoso e stressante, e dall’altro l’esperienza di un legale è garanzia di correttezza nella presentazione delle pratiche presso il Tribunale, e quindi di risparmio di tempo e denaro. 

 

 

Le domande più frequenti sulla separazione 

Ho tradito mio marito/moglie cosa rischio se mi separo? 

Il tradimento costituisce una violazione dei doveri del matrimonio. Da esso deriva però solo una responsabilità civile e non penale o amministrativa.  

Il coniuge tradito può, pertanto, presentare una domanda di separazione, con richiesta di addebito ed una eventuale richiesta di condanna al risarcimento dei danni. 

Diversamente il coniuge che ha tradito non potrà chiedere il mantenimento per sé stesso e perderà lo stato di erede legittimo. 

 

Quali sono i motivi per separarsi? 

È sufficiente l’intollerabilità della convivenza. In particolare, per poter ottenere la separazione, basta che uno solo dei due coniugi ritenga che la convivenza sia ormai intollerabile; non occorrono motivi oggettivi o specifici (che ci possono essere, ma non è indispensabile che ci siano). La crisi coniugale che legittima una richiesta di separazione, infatti, può dipendere dalla mera disaffezione anche di uno solo dei due coniugi nei confronti dell’altro, senza che siano necessari motivi oggettivi. 

 

Quali aspetti vengono trattati in una causa di separazione? 

Nel procedimento di separazione vengono determinati e regolati diversi elementi della coppia: 

Addebito della separazione: viene stabilito se il motivo della separazione sia imputabile alla responsabilità esclusiva di uno dei due coniugi. Tale addebito può essere riconosciuto nel caso di rapporti extraconiugali, comportamenti violenti, violazioni dei doveri coniugali ecc. 

Assegno di mantenimento del coniuge: è una somma mensile che può essere richiesta dal coniuge economicamente più debole per sopperire al venir meno del contributo economico da parte dell’ex coniuge; tale assegno non viene riconosciuto nel caso in cui i coniugi abbiano un reddito sostanzialmente uguale. Inoltre, tale assegno non viene concesso al coniuge “debole” nel caso in cui la causa della separazione sia a lui addebitabile. 

Assegno di Mantenimento dei figli: è un assegno mensile che viene determinato in base al reddito del genitore economicamente più forte ma anche in base a come verrà definito l’affidamento del figlio tra i genitori. Il figlio avrà diritto a ricevere il mantenimento non solo fino alla maggior età ma anche finché non diverrà economicamente autosufficiente. 

Affidamento dei figli minorenni: vengono decisi i tempi e le modalità in base alle quali i figli verranno affidati ai due genitori. Ci potrà essere un affidamento condiviso (con tempi uguali, normalmente alternati), oppure prevalente o persino esclusivo in favore di uno solo dei due genitori. Per quanto riguarda i figli maggiorenni, invece, questi possono liberamente scegliere il genitore con il quale abitare. 

Assegnazione della casa coniugale: tale diritto è previsto nell’interesse esclusivo dei minori per farli continuare a vivere nella casa dove sono nati e/o cresciuti, nonché per evitare che subiscano un improvviso sradicamento dalla stessa. 

Scioglimento della comunione legale: molte coppie optano ancora oggi per il regime delle “comunione dei beni”, in base alla quale tutti i beni acquistati durante il matrimonio (esclusi i beni strettamente personali ed alcune altre categorie stabilite dalla Legge) vengono automaticamente cointestati al 50% all’altro coniuge. Al momento della separazione si rende necessario sciogliere la comunione e capire a chi andranno affidati i vari beni che la compongono.  

 

A chi resta la casa dove viviamo? 

Il criterio per decidere chi continuerà ad abitare nella casa familiare è la presenza di figli minorenni o di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti poiché il Giudice assegnerà la casa familiare al genitore collocatario (o affidatario) degli stessi. 

Il coniuge assegnatario dell’abitazione subentrerà in tutti i diritti e doveri inerenti l’utilizzo della casa: ad esempio, il pagamento delle spese condominiali e delle utenze (elettricità, gas, telefono), la manutenzione ordinaria, ecc. 

 

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Lo studio opera prevalentemente presso gli uffici giudiziari del distretto di Monza, Milano, Como e Lecco ma garantisce, la propria assistenza sull’intero territorio nazionale avvalendosi della collaborazione professionale di altri Studi di cui negli anni ne ha testato la fiducia.